La storia dell’equazione di Dirac è una delle più belle della fisica perché racchiude al suo interno tanti insegnamenti, per prima cosa la caparbietà con cui Dirac l’ha ricavata.
Il contesto storico
Siamo nel 1926 quando viene formulata l’equazione principe della meccanica quantistica, l’equazione di Schrödinger. Un’equazione elegantissima capace di spiegare come evolva col tempo la funzione d’onda, lo stato dei sistemi quantistici, ad esempio di un elettrone. Ma c’è un problema: non è compatibile con la teoria della relatività speciale di Einstein e questo non va bene, la fisica è una, non possono esserci contraddizioni. Fortunatamente nello stesso anno arriva la soluzione al problema, l’equazione di Klein-Gordon. Il problema sembra risolto ma Paul Dirac non è d’accordo, come testimonia lui stesso raccontando di una conversazione che ebbe con Niels Bohr in quegli anni:
“Ricordo quella volta che ero a Copenaghen. Bohr mi chiese a cosa stessi lavorando e io gli dissi che stavo provando ad ottenere una teoria relativistica soddisfacente dell’elettrone, e Bohr mi rispose: “Ma Klein e Gordon l’hanno già fatto!” Quella risposta mi infastidì. Bohr sembrava soddisfatto dalla soluzione di Klein ma io non lo ero affatto a causa delle probabilità negative a cui essa conduceva. Continuai a preoccuparmi di ottenere una teoria che avesse solo probabilità positive.”
Cosa sono le probabilità negative di cui parla Dirac?
L’ equazione di Dirac
Dirac ha ragione, l’equazione di Klein-Gordon seppur sia compatibile con la teoria della relatività di Einstein si scontra con la meccanica quantistica, in particolare con l’interpretazione di Born della funzione d’onda. Secondo Max Born infatti il quadrato della funzione d’onda rappresenta la probabilità di trovare l’elettrone in una certa posizione, e una probabilità, in quanto tale, non può mai essere negativa!
È il 1928 quando Dirac formula l’equazione che porta il suo nome, una delle equazioni più belle della fisica: essa ci dice che l’elettrone evolve secondo un’equazione lineare, la più semplice che si possa concepire, non è meraviglioso? La soluzione dell’equazione fornisce il corretto comportamento degli elettroni, Dirac è riuscito nel suo intento, ha ascoltato il proprio istinto e a soli 26 anni ha risolto un problema che fino a quel momento nessun fisico aveva colto. Il suo lavoro viene premiato nel 1933 con l’assegnazione del premio Nobel per la Fisica. Si tratta del traguardo per Dirac?
Le misteriose soluzioni ad energia negativa: l’antimateria
Così come l’equazione di Schrödinger e l’equazione di Klein-Gordon, anche l’equazione di Dirac presenta al suo interno delle stranezze. La soluzione dell’equazione si suddivide in due parti: una ad energie positive, che descrive perfettamente il comportamento dell’elettrone, e una a energie negative, misteriosa, cui nemmeno Dirac sapeva fornire un’interpretazione.
Arriva il 1933, quando Carl Anderson nel suo laboratorio osserva una particella con un comportamento strano, che segue una traiettoria analoga a quella di un elettrone ma con carica elettrica positiva, si tratta del positrone. Allora diviene subito chiaro che la seconda parte della soluzione di Dirac rappresenta proprio quella particella, da Dirac involontariamente prevista, prima ancora di essere osservata. E così Dirac scopre l’antimateria: per ogni particella esiste la corrispondente antiparticella, una versione identica ma con carica elettrica opposta.
In un suo talk Dirac stesso dichiara: “L’equazione di Dirac è più intelligente del suo autore“. E questa frase fornisce un secondo grande insegnamento: la storia con cui Dirac giunge alla formulazione della sua celebre equazione non è fatta solo di caparbietà. Sì, Dirac non si fa intimidire dalle parole di Bohr e prosegue per la sua strada ma lo fa grazie al suo spirito critico: analizza l’equazione di Klein-Gordon e capisce che c’è qualcosa che non va, ragiona e ragiona per risolvere il problema e infine formula l’equazione. E il suo ragionamento lo porta a risultati sorprendenti, oltre la sua stessa immaginazione, a testimonianza di come il pensiero critico sia l’arma più potente che l’essere umano abbia a sua disposizione.
Cosa c’entra l’amore?
Molto spesso ci si riferisce all’equazione di Dirac come l’espressione del fenomeno dell’entanglement, in italiano “intreccio”, “legame”. Di cosa si tratta? Immaginate due elettroni, inizialmente vicini che interagiscono e poi si allontano. Si allontanano sempre di più fino a finire in galassie diverse. Ma tra queste particelle c’è un legame indissolubile, in fisica si dice che sono “entangled”, in pratica sono un’unica entità: ciò che accade a una delle due particelle si ripercuote istantaneamente sull’altra, seppur siano lontanissime tra loro. E queste particelle “entangled” ricordano il concetto di anime gemelle, fatte per stare insieme e legate tra loro anche a distanza.
Tuttavia l’equazione di Dirac, seppur sia ambientata nel contesto della fisica quantistica, non descrive affatto questo fenomeno. Se vogliamo però esprime anch’essa qualcosa di altrettanto magico. L’ equazione di Dirac descrive un campo, il campo di Dirac, che permea lo spazio e che è in grado di creare l’elettrone e la sua antiparticella, il positrone. La materia e l’antimateria, seppur opposti provengono dallo stesso oggetto e in questo senso sono essenzialmente diverse espressioni della stessa cosa. E questa cosa richiama alla memoria l’essenza del genere umano. Ci sono tante caratteristiche che permettono di distinguere le persone tra loro, eppure in fin dei conti noi esseri umani siamo tutti uguali, siamo solo diverse espressioni della medesima cosa.
a cura di Giuseppe Mansi