Un po’ di storia
La nascita della fisica dei sistemi complessi può essere ricondotta storicamente a fine ‘800, con la figura di Henri Poincaré, che tentò di risolvere il celebre problema dei tre corpi, accorgendosi di una forte dipendenza del sistema dalle condizioni iniziali.
Ma è nel 1948, con la pubblicazione sulla rivista American Scientist dell’articolo “Science and Complexity” a cura di Warren Weaver, scienziato e matematico statunitense, che si inizia a distinguere per la prima volta una complessità disorganizzata da una complessità organizzata. Ci si rese conto, infatti, della mancanza di un ambito della scienza che si occupasse non più soltanto di sistemi a complessità disorganizzata, trattabili in termini di proprietà medie e di regolarità dell’insieme, ma anche di sistemi a complessità organizzata, i cui componenti individuali sono tra loro inter-dipendenti e i cui comportamenti globali, spesso imprevedibili, non possono essere spiegati attraverso approcci probabilistici e statistici.
Si iniziavano, dunque, a porre le basi per la nascita della scienza della complessità, che ha vissuto momenti di grande attenzione tra gli anni ’70 e ’80, periodo in cui la capacità di calcolo dei computer a disposizione degli scienziati aumentò enormemente, inaugurando così un nuovo modo di fare scienza. Questo nuovo approccio non solo era capace di spiegare fenomeni inaccessibili alla “vecchia scienza”, ma anche di spiegare fenomeni che vanno aldilà della fisica, analizzando quei sistemi i cui agenti hanno la capacità di adattarsi al contesto, modificando il proprio comportamento in risposta all’ambiente o alle interazioni con altri agenti: è il caso dei CAS (Complex Adaptive Systems), di cui fanno parte, per esempio, gli ecosistemi biologici, i mercati finanziari o i sistemi politici.
Le principali differenze con i sistemi semplici
La prima grande differenza tra i sistemi semplici e i sistemi complessi riguarda il ruolo degli elementi costitutivi: in un sistema semplice, le proprietà del sistema possono essere ricostruite e spiegate a partire dalle proprietà dei singoli elementi. Non è quello che avviene in un sistema complesso: in questo caso, le proprietà sistemiche non possono essere ricostruite e spiegate a partire dalle proprietà dei singoli elementi, ma derivano dall’interazione stessa di questi elementi.
Inoltre, a differenza del determinismo, tipico dei sistemi semplici, nei sistemi complessi ci si ritrova dinanzi a ciò che è conosciuto come caos deterministico. Se in fisica classica un sistema fisico sarà tanto più diverso quanto più diverse saranno le condizioni iniziali, nei sistemi complessi vi è una forte dipendenza dalle condizioni iniziali. Sostanzialmente, anche una piccola variazione delle condizioni iniziali di un sistema può dare origine ad un risultato finale completamente differente. È ciò che, nella cultura pop, viene indicato come effetto farfalla: “Può un battito d’ali di una farfalla in Brasile generare un tornado in Texas?”.
Fondamentale è anche il concetto di causalità: un sistema semplice è caratterizzato da una causalità di tipo lineare, mentre un sistema complesso è coinvolto in rapporti di causazione reciproca, che includono effetti di retroazione positiva e negativa in grado di amplificare o attenuare i comportamenti del sistema. Per parlare di retroazione positiva pensiamo, ad esempio, ai cambiamenti climatici: quando i ghiacci artici si sciolgono a causa del riscaldamento globale, si riduce l’albedo terrestre (ossia la capacità di riflettere la luce solare) e questo porta ad un maggiore assorbimento di calore da parte della Terra e ad un ulteriore aumento della temperatura, che accelera ulteriormente lo scioglimento dei ghiacciai. Un esempio di retroazione negativa, invece, può essere l’aumento della temperatura dell’oceano, che aumenta l’evaporazione e quindi la quantità di nuvole in grado di riflettere la luce solare e ridurre così l’assorbimento di calore da parte della Terra.
Infine, all’interno dei sistemi complessi si verificano fenomeni di auto-organizzazione: le interazioni tra le componenti del sistema possono portare alla creazione di un certo ordine o di una certa struttura, senza la presenza di un controllo centralizzato. È il caso degli storni in volo: migliaia di individui che non hanno un direttore d’orchestra, ma che riescono ad organizzarsi e a sincronizzare i loro movimenti per mantenere il gruppo coeso o per reagire collettivamente agli stimoli esterni.
Perché la complessità ci riguarda?
Lo studio della complessità non coinvolge soltanto la fisica, ma ha una natura fortemente interdisciplinare: l’ecologia, le scienze politiche, la medicina, la sociologia sono soltanto alcuni esempi di discipline interessate allo studio di sistemi composti da molte parti che interagiscono tra loro attraverso meccanismi diversi.
Parlare di complessità è inoltre essenziale per poter comprendere il futuro: i sistemi complessi, infatti, ci offrono strumenti per analizzare fenomeni interconnessi e imprevedibili, come ad esempio i cambiamenti climatici, trasformando l’incertezza in opportunità di innovazione e progresso.
a cura di Giada Cacciapaglia