Scienza e sport: la fisica del gol perfetto

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Imparare i segreti del calcio attraverso lo studio della fisica è possibile? Ecco 5 casi nei quali è la fisica a scendere in campo.

 

Con circa 3,5 miliardi di appassionati e 250 milioni di giocatori in oltre 200 paesi al mondo, il calcio continua ad essere lo sport più popolare e più praticato dell’intero globo terrestre. Ci tiene incollati allo schermo in attesa del gol della nostra squadra preferita e ci fa divertire quando giochiamo con gli amici, ma non si tratta solo di talento e di emozioni: dietro il fascino del calcio c’è anche tanta fisica.

Giocare a calcio con l’icosaedro

E la sfera entra in rete!”: quante volte abbiamo sentito pronunciare questa frase dai telecronisti? Erroneamente si tende a pensare che il pallone da calcio sia una sfera perfetta, ma in realtà si tratta di poliedro con un nome piuttosto particolare: icosaedro troncato. La struttura di un pallone da calcio presenta 32 facce: 20 esagoni bianchi e 12 pentagoni neri, con i lati aventi la stessa misura. Da un punto di vista fisico, il pallone ideale dovrebbe essere sferico, altrimenti ogni rimbalzo sarebbe un imprevisto. L’icosaedro troncato è in grado di approssimare abbastanza bene una sfera: quando viene gonfiato, le sue facce si curvano e il suo volume raggiunge circa il 95% del volume della sfera.

Il colpo di testa e la teoria degli urti

Come non ricordare lo spettacolare colpo di testa firmato Marco Materazzi che, il 9 luglio 2006, ha portato l’Italia a trionfare ai Mondiali? Il colpo di testa, unito all’elevazione o con gli arti in appoggio al suolo, consente al calciatore di allontanare i palloni con traiettorie alte lontano da sé nel minor tempo possibile. Per spiegare tale colpo, fondamentale nel bagaglio tecnico di ogni giocatore, occorre far riferimento alla teoria degli urti.

Per definizione, un urto in fisica è un fenomeno meccanico che si produce quando due (o più) corpi vengono a contatto tra loro per un intervallo di tempo molto breve. Nel caso del colpo di testa, l’intensità delle forze tra testa e pallone è così elevata da rendere trascurabile la forza di gravità e il sistema può essere considerato come un sistema isolato. Quando l’energia cinetica iniziale è uguale all’energia cinetica finale si parla di urto elastico, altrimenti di urto anelastico. Per mettere in relazione la velocità dei corpi prima e dopo la collisione, è fondamentale usare la conservazione della quantità di moto (definita come il prodotto della massa di un corpo per la sua velocità): la quantità di moto del sistema immediatamente prima dell’urto è uguale alla quantità di moto del sistema immediatamente dopo l’urto.

Nel caso del colpo di testa, le masse in gioco sono due: il calciatore e il pallone da calcio. Se il giocatore è fermo mentre colpisce il pallone, la velocità di respinta è pari a quella che la palla aveva prima dell’urto: questo gesto può tornare utile per un passaggio ad un compagno vicino, dove è necessario far rimbalzare soltanto il pallone, ma diviene meno efficace per un tiro verso la porta. In quest’ultimo caso occorre dare maggiore potenza al pallone, ma come? L’elevazione ci consente di raggiungere i palloni più alti e, colpendoli orizzontalmente, è possibile respingere la palla con una velocità più alta rispetto a quella iniziale, proprio seguendo il principio di conservazione.

Il colpo di tacco: un gioco di pressione

Al pari della rovesciata, una delle tecniche di tiro più apprezzate ma difficili da realizzare sul campo è, certamente, il colpo di tacco. In questo caso il pallone si trova dietro il piede del giocatore e tirare sembra essere molto più difficile. Diversi giocatori sono stati in grado di segnare colpi di tacco volanti che hanno fatto la storia, sfruttando inconsciamente il concetto di pressione. Lo studio della fisica suggerisce che, a parità di forza, la pressione esercitata su una superficie sarà tanto maggiore quanto più piccola è l’area della superficie considerata.

Nel caso del colpo di tacco, l’area della palla impattata dal tallone è molto piccola: questo significa che, a parità di forza, aumenta la pressione esercitata. Questo principio consente di imprimere al pallone una notevole velocità anche quando lo si colpisce di tacco. Per quanto concerne la strategia di gioco, il colpo di tacco ha il pregio di evitare al giocatore di doversi girare, permettendogli di risparmiare tempo sull’azione in corso, ma la difficoltà principale consiste nell’impossibilità di poter osservare la traiettoria della palla. Tuttavia, a partire dalle immagini conservate nella nostra memoria, il cervello elabora una serie di informazioni che ci permettono di dedurre che cosa c’è in determinate zone dello spazio, anche quando non possiamo guardarle direttamente con i nostri occhi.

Il dribbling e la fisica dell’equilibrio

Il dribbling, ossia l’arte di saltare e superare l’avversario, è considerato l’essenza stessa del gioco del calcio. Stabilità, resistenza, velocità e buon controllo della palla: sono molteplici i fattori essenziali per la buon riuscita di un dribblaggio. La fisica ci insegna che in questa fase del gioco risultano più avvantaggiati i giocatori meno alti, il cui baricentro, situato più in basso, consente loro di tenersi maggiormente in equilibrio. È lo stesso principio che porta i giocatori di pallacanestro a piegarsi per tenere il baricentro abbassato: più basso è il baricentro, maggiore è la stabilità del corpo.

Il tiro ad effetto e il segreto dell’effetto Magnus

Chi può dimenticare la punizione battuta da Andrea Pirlo nella partita dei Quarti di Finale di Euro 2012? Prende il nome di “La Maledetta” ed è una tecnica di tiro che unisce il calcio alle leggi immutabili della fluidodinamica: il risultato è un tiro ad effetto che può prendere le direzioni più imprevedibili.

Le leggi che descrivono il flusso d’aria attorno alla palla, infatti, sono spesso molto complicate e dipendono da numerosi fattori. Immaginando il moto di un fluido all’interno di un condotto, questo può essere di due tipi: laminare o turbolento. Se nel regime laminare gli strati del fluido seguono traiettorie regolari, nel regime turbolento il moto diventa caotico e risulta quasi impossibile prevedere gli eventuali spostamenti di un corpo al suo interno. Quando il pallone viaggia a velocità basse, l’aria si comporta come in un regime laminare ma, effettuando dei tiri calibrati e superando una certa soglia di velocità, potrebbero crearsi vortici irregolari che rendono il moto del tutto imprevedibile. Quando il pallone viene colpito e raggiunge velocità elevate, oltre quella critica, tenderà a spostarsi verso le zone in cui si instaurano regimi turbolenti. Essenziale è la forza d’attrito dell’aria che tende a contrastare il moto del pallone: questa è maggiore in regime laminare e minore in moto turbolento. L’attrito può quindi rallentare la palla che, assumendo una velocità inferiore a quella critica, frena quasi improvvisamente.

Parlando di fluidodinamica non si può non far riferimento all’effetto Magnus, responsabile del “tiro a giro”. Si tratta di una diretta conseguenza della celebre legge di Bernoulli, secondo la quale ad una minore velocità corrisponde una pressione più alta e, viceversa, ad una velocità più alta corrisponde una pressione più bassa. Per conferire l’effetto Magnus ad un pallone da calcio, occorre metterlo in rotazione. Infatti, se non è presente alcuna rotazione, la palla compirà un classico moto parabolico. Quando il pallone ruota, a causa delle forze di attrito viscoso con l’aria, trascina con sé l’aria che lo circonda: in questo modo l’aria scorre con velocità differenti tra i due lati del pallone. La differenza di velocità porta, per la legge di Bernoulli, ad una differenza di pressione in grado di generare una forza sul pallone, chiamata portanza, che fa curvare la traiettoria della palla. Se immaginiamo il pallone ruotare in senso antiorario (vedendolo dall’alto), allora la palla girerà a sinistra. Al contrario, con una rotazione oraria (sempre vista dall’alto) la palla girerà a destra.

Sapevate che…

Esiste una formula per calciare il rigore perfetto? A quanto pare sì e, ad affermarlo, è uno degli astrofisici più brillanti di tutti i tempi: Stephen Hawking. In uno studio commissionato da Paddy Power, nel 2014, lo scienziato di Oxford ha analizzato più di 200 rigori calciati dalla nazionale inglese. Secondo la “Teoria del rigore perfetto” il rigorista deve prendere una rincorsa di 5-6 passi, formando un arco di 20°-30°, mirare uno dei due angoli in alto della porta, precisamente a 50 cm dall’incrocio dei pali, e scagliare la palla con una velocità di circa 100 km/h.

 

a cura di Giada Cacciapaglia

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