La fisica nella realizzazione dei cartoni animati: molto più che semplici disegni
Il termine “animazione” deriva dal latino animatio che letteralmente significa “dar vita”.
Basta pensare alle pitture rupestri, in cui già 5000 anni fa l’uomo tentava di rappresentare il movimento delle scene di caccia o danza disegnando sulle pareti tante immagini leggermente diverse da loro, come se volesse suddividere una scena in tanti singoli disegni.
Infatti, la tecnica con cui nasce l’animazione è quella del disegno a mano, nello specifico si tratta della cel animation, che coinvolge il disegno di ogni singolo frame su una carta speciale in acetato trasparente che sovrapposto a sfondi fissi permette di dar vita ai disegni creando l’illusione del movimento quando proiettato in sequenza.
Gioco di illusioni ottiche
L’animazione è il risultato di un’illusione ottica, dovuta ad un fenomeno teorizzato da Joseph Plateau nel 1829: la persistenza visiva.
Osservando un’immagine o una sequenza di immagini, i fotorecettori catturano la luce, senza la quale i nostri occhi non riuscirebbero a vedere le immagini, e generano segnali elettrici che vengono trasmessi dal nervo ottico al cervello.
In realtà, i fotorecettori nella retina inviano continuamente segnali al cervello, anche dopo che l’immagine è stata rimossa, lasciando un imput che permane per all’incirca 0,02 secondi. In questo modo sostituendo la prima immagine con una leggermente diversa, entro questo istante, il nostro cervello percepisce immagini in movimento.
Affinché i movimenti risultino fluidi è necessario che il frame rate, ovvero la frequenza dei fotogrammi, sia il più alto possibile. Al minimo per un solo secondo di video sono necessari 24 disegni, il che spiega i lunghi tempi necessari per la creazione di un cartone animato.
a cura di Alessia Milano