Un’ intensissima tempesta solare di livello G5 (estrema) sta investendo il nostro pianeta a partire da venerdì sera e, probabilmente, continuerà a farlo per l’intero fine settimana. Le conseguenze? Principalmente le stanno già avvertendo varie tecnologie, i veivoli spaziali, i satelliti, i GPS e le reti elettriche.
Cos’è una tempesta solare? Quali danni causa e perché
Una tempesta solare, o geomagnetica, è un disturbo del campo magnetico terrestre, colpito dalle particelle ad alta energia emesse dal Sole. A causa di ciò lo strato più esterno dell’atmosfera diviene carico elettricamente e questo è un vero e proprio ostacolo per le onde radio che si scontrano con gli elettroni e perdono energia. Ed ecco che si generano variazioni nei sistemi di comunicazione satellitare e possibili danni alle reti elettriche e alle infrastrutture tecnologiche. Ma le aurore boreali?
Aurore boreali in Italia
Per prima cosa, come è possibile che siano state visibili anche in Italia? La risposta sta nell’intensità della tempesta geomagnetica. Maggiore è l’intensità più si abbassa la latitudine minima alla quale si possono avvistare le aurore. La tempesta in questione è la più violenta degli ultimi 21 anni e non c’è da stupirsi allora che sia visibile anche dal nostro paese. Ma veniamo all’aspetto più interessante: come spiega la fisica lo spettacolo delle aurore boreali?
Un fenomeno tanto antico quanto affascinante
Ci sono voluti oltre venticinque secoli di studio e ricerca per giungere ad una corretta spiegazione scientifica di uno dei fenomeni più affascinanti che è possibile osservare in cielo: le aurore polari. Fin dai tempi dell’Antica Grecia, filosofi greci e latini indagavano le origini delle misteriose e colorate fiamme che illuminavano i loro cieli, fallendo nella loro interpretazione. Aristotele, ad esempio, attribuiva erroneamente le aurore polari ai vapori che da Terra salivano verso il cielo. Le testimonianze rinvenute dimostrano però come non fosse così rara l’osservazione di questo fenomeno anche nelle zone in cui vivevano questi studiosi: la spiegazione è data probabilmente dal fatto che, a quell’epoca, il polo magnetico terrestre si trovasse molto più a sud rispetto alla sua posizione attuale.
Diversi secoli più tardi, anche Galileo Galilei tentò di effettuare un’analisi scientifica del fenomeno, a cui attribuì per primo il nome di “Aurora Boreale”, dato dall’unione del nome della dea romana dell’alba “Aurora” e quello greco per il vento del nord “Borea”. Il primo ad avvicinarsi realmente alla corretta interpretazione del fenomeno fu, nel XIX secolo, il fisico norvegese Kristian Birkeland. Egli comprese che l’evento era dovuto al flusso di radiazioni provenienti dal Sole che, a seguito dell’interazione con il campo magnetico terrestre, porta alla produzione di particelle elettriche che, interagendo con l’atmosfera terrestre, emettono la tipica luce spettrale. Le sue ipotesi furono definitivamente confermate soltanto durante il secolo scorso.
L’origine del fenomeno
L’aurora polare viene definita boreale o australe a seconda dell’emisfero a cui si riferisce ed è il risultato dell’interazione del vento solare con il campo magnetico terrestre.
Nello specifico, a causa delle enormi energie in gioco sulla superficie del Sole, si generano continuamente flussi di particelle cariche (ioni ed elettroni) che vengono espulse ad alta velocità nello spazio interplanetario, costituendo il cosiddetto vento solare. Queste particelle, che possono muoversi con una velocità compresa tra i 200 e 900 chilometri al secondo, raggiungono la Terra in un lasso di tempo dell’ordine di qualche giorno.
Quando le particelle cariche giungono in prossimità della Terra, interagiscono con il campo magnetico del nostro pianeta e vengono convogliate verso i poli magnetici, localizzati in prossimità dei poli geografici. Questo avviene perché sulle particelle agisce la Forza di Lorentz, sempre perpendicolare al vettore velocità della singola particella e al vettore campo magnetico, che è in grado di deviare la loro traiettoria attraendole verso i poli, dove l’intensità del campo è più forte. Qui le particelle entrano in contatto con gli atomi e le molecole presenti nell’alta atmosfera (ionosfera) e li eccitano. In seguito, questi si diseccitano emettendo luce di varie lunghezze d’onda. Il bagliore che osserviamo è tipicamente di colore verde, ma a seconda del tipo di atomo che subisce un urto e dell’energia dello ione che lo eccita, è possibile osservare anche altre colorazioni, come il rosso o il viola. Solitamente, l’ossigeno atomico è il responsabile della colorazione verde, l’ossigeno molecolare del rosso e l’azoto, colpito molto raramente, della colorazione blu.
Dove e quando si osserva
A seguito della geometria del campo magnetico terrestre, è possibile individuare due aree ristrette, dette ovali aurorali, attorno ai poli magnetici della Terra, che delimitano il limite di visibilità in latitudine di questo affascinante spettacolo naturale. Più ci si avvicina a queste regioni e maggiore è la probabilità di riuscire a catturare queste luci.
La visibilità può variare anche in base ad altri fattori, come la limpidezza del cielo o l’intensità del vento solare. In caso di tempeste solari particolarmente intense, è possibile ammirare questo fenomeno fino in Gran Bretagna o in Germania e, in alcuni casi, anche in Italia. Essendo distanti dal polo nord magnetico, dall’Italia è più probabile osservare i fenomeni che avvengono in alta atmosfera e che sono causati dall’interazione tra il vento solare e l’ossigeno atomico. Quest’ultimo emette radiazione soprattutto nella lunghezza d’onda del rosso ed è questo il motivo per il quale nelle nostre zone le aurore possiedono una tipica colorazione rossastra.
Aurore extraterrestri
Per molto tempo abbiamo creduto che le aurore riguardassero soltanto la Terra. In realtà, oggi sappiamo con certezza che è possibile osservarle anche su altri pianeti del Sistema Solare, tra cui Marte, Giove, Saturno e Urano. Le caratteristiche di queste aurore sono in parte diverse da quelle terrestri, a seguito delle differenti atmosfere e magnetosfere di questi pianeti. I colori osservabili, ad esempio, possono dipendere dalle tipologie di gas presenti nell’atmosfera regalandoci spettacoli unici e mozzafiato, come mostrano le immagini catturate dai nostri telescopi spaziali.
a cura di Giada Cacciapaglia e Giuseppe Mansi
fotografia di Valerio Minato