Il principio di Archimede: che cos’è e perché spiega il funzionamento dei sottomarini
Ci troviamo nel III secolo a.C. e Gerone II, tiranno di Siracusa, ha da poco commissionato ad un valente orafo la realizzazione di una corona d’oro. Dubbioso sull’onestà dell’artigiano e col sospetto che, all’interno della corona, l’oro potesse essere stato sostituito con l’argento, il sovrano decide di rivolgersi ad una delle menti più brillanti di tutti i tempi, Archimede, pregandolo di risolvere il caso. Lo scienziato inizia a meditare a lungo sulla composizione della corona e, un giorno, osservando l’acqua traboccare mentre si immergeva nella sua vasca da bagno, intuisce quello che oggi è a tutti noto come principio di Archimede. Prima di enunciare tale principio e di svelare la soluzione del caso della corona d’oro, facciamo chiarezza sui concetti di densità e di peso specifico.
La densità
In Fisica, la densità è definita come il rapporto tra la massa e il volume di un corpo. Ogni sostanza ha una densità caratteristica e se un corpo non è omogeneo, allora è possibile definire una densità media, che tenga conto delle diverse sostanze da cui è costituito. La densità è una grandezza intensiva, cioè non dipende dalla quantità di materiale che si sta esaminando, ma può variare in base alla temperatura e alla pressione: per quasi tutti i materiali l’aumento di temperatura causa una diminuzione del valore della densità e viceversa.
Il peso specifico
Il peso di un corpo non dipende soltanto dal suo volume, ma anche dal materiale con cui è realizzato. Infatti, due corpi aventi stesso volume ma realizzati da sostanze diverse hanno due pesi differenti. Il peso specifico di un materiale, spesso abbreviato con Ps, è definito come il rapporto tra peso e unità di volume.
Differenze tra peso specifico e densità
Spesso viene fatta molta confusione tra i concetti di densità e di peso specifico: tra le due grandezze c’è la stessa relazione che intercorre tra massa e peso. Mentre la densità è espressa come rapporto tra una massa e un volume, il peso specifico è invece espresso come rapporto tra un peso (e quindi una forza) e un volume.
Torniamo ad Archimede: perché, guardando l’acqua traboccare dalla sua vasca da bagno, egli comprende di poter risolvere il caso della corona d’oro? Immergendo il suo corpo nella vasca, egli nota che il volume dell’acqua spostata è proprio pari allo spazio occupato dalla parte del suo corpo immersa nel fluido. Ecco l’intuizione: inserendo la corona in una bacinella d’acqua e misurando il volume di acqua spostata, si è in grado di misurare il volume della corona. Se il volume della corona risulta maggiore rispetto al volume del cubo d’oro che Gerone ha fornito all’orafo, allora l’artigiano avrà ingannato il sovrano. Infatti, l’argento ha un peso specifico minore dell’oro, quindi a parità di peso, occupa un volume maggiore. Non solo, nella sua vasca da bagno, Archimede si rese conto che il suo corpo nell’acqua sembrava più leggero: è così che intuisce uno dei principi fondamentali dell’idrostatica.
Il principio di Archimede
Il principio di Archimede stabilisce che ogni corpo immerso in un fluido (liquido o gas) subisce una forza diretta dal basso verso l’alto pari al peso del liquido spostato. La spinta ricevuta dal corpo è detta spinta di Archimede o spinta idrostatica.
Il galleggiamento dei corpi
La spinta di Archimede tende a spingere i corpi verso l’alto, contrastando la forza di gravità del nostro pianeta che invece attrae i corpi verso il basso. Confrontando i moduli di queste due forze, si può stabilire se un corpo immerso in un fluido galleggia o affonda. Si possono presentare tre casi:
– Se la forza peso è maggiore (in modulo) della spinta di Archimede, allora il corpo affonda.
– Se la forza peso è minore (in modulo) della spinta di Archimede, allora il corpo galleggia.
– Se le due forze sono uguali (in modulo), allora il corpo rimane in equilibrio in ogni posizione all’interno del fluido.
Utilizzando il concetto di densità, il principio di galleggiamento può essere enunciato anche affermando che un corpo affonda o galleggia quando la sua densità è rispettivamente maggiore o minore di quella del liquido in cui è immerso.
Perché le mongolfiere riescono a volare?
Le mongolfiere volano sfruttando il principio di Archimede. Il principio è molto semplice: l’aria contenuta all’interno della mongolfiera (il nostro corpo), essendo calda, è meno densa dell’aria circostante (che rappresenta il fluido in cui è immerso il corpo). Pertanto, la spinta di Archimede risulta essere maggiore della forza peso e la mongolfiera riesce a volare.
Come funziona un sottomarino?
Come ogni corpo immerso in un fluido, anche il sottomarino è soggetto all’azione della forza peso e della spinta di Archimede. Variando il peso del sommergibile, è possibile navigare in tre condizioni di galleggiamento: positivo, neutro e negativo. Nella condizione di galleggiamento positivo, il sottomarino è in condizioni di equilibrio stabile e il suo peso specifico medio è minore di quello dell’acqua: questo gli consente di galleggiare in superficie e navigare come una nave. Nella condizione di galleggiamento neutro, il sottomarino rimane completamente sospeso in acqua, senza affondare né risalire in superficie.
Tuttavia, affinché un sommergibile possa immergersi sott’acqua, occorre aumentare il peso del mezzo: questo è reso possibile immettendo l’acqua marina da appositi compartimenti detti “casse”. Dopo aver raggiunto una densità media pari a quella dell’acqua, la direzione dello spostamento viene regolata grazie ad un sistema di piani orizzontali e verticali, analoghi a quelli presenti nell’impennaggio degli aerei.
La condizione di galleggiamento negativo è generalmente evitata essendo estremamente rischiosa: in questo caso, il peso risulta essere maggiore della spinta idrostatica e il sottomarino è destinato ad affondare.
SAPEVATE CHE…
L’aneddoto della corona d’oro di Gerone II risale allo scrittore romano Vitruvio (che visse circa 200 anni dopo Archimede). Secondo i suoi scritti, Archimede, dopo aver intuito la risoluzione al problema della corona, uscì nudo dai bagni pubblici di Siracusa gridando per tutte le strade della città “Eureka! Eureka!” (“Ho trovato! Ho trovato!”). Tuttavia molti studiosi hanno messo in dubbio l’accuratezza di questo racconto, ipotizzando che Vitruvio avesse soltanto delle informazioni parziali sulla vita del genio siracusano. Secondo Galileo Galilei, la ricostruzione più plausibile dei fatti è che Archimede possa aver inventato una bilancia idrostatica, un metodo decisamente più preciso rispetto alla misurazione della quantità di acqua spostata dalla corona. Infatti, le corone di cui abbiamo una testimonianza archeologica non pesavano mai più di un chilo e la differenza del volume d’acqua sarebbe stata difficilmente rilevabile anche per lo stesso Archimede.
a cura di Giada Cacciapaglia