“Niente nella vita va temuto, dev’essere soltanto compreso. Ora è tempo di comprendere di più, così possiamo temere di meno” – M. Curie
Una citazione che racchiude perfettamente il personaggio di Marie Curie, come donna, scienziata e immensa persona che è stata.
Prima tra le donne e non solo
Prima di tutto donna. Perché alla fine dell’ottocento in Polonia, suo paese natale, allora occupato dalla Russia, le donne non erano ammesse agli studi universitari. Ma lei non ha temuto questi ostacoli e, con le sue forze e quelle di un’altra donna, sua sorella Bronya, ha compreso come superarli. Le due sorelle strinsero un patto: Marie avrebbe lavorato come governante per pagare gli studi a Parigi della sorella grande che, una volta laureata, avrebbe ricambiato il favore. Così alla Sorbona di Parigi, nel 1891 Marie inizia la sua brillante carriera accademica, divenendo quindici anni dopo la prima donna ammessa all’insegnamento alla Sorbona.
Nel 1903 è la prima donna a vincere il premio Nobel per la Fisica, condividendolo con altri due ricercatori, tra cui suo marito, Pierre Curie. È da lui che prende il celebre cognome Marie, ma non del tutto. Infatti decise di non rinunciare completamente al suo cognome e quindi di farsi chiamare Marie Curie Sklodowska.
È lei l’unica figura femminile presente al primo storico congresso di Solvay a Bruxelles del 1911, occasione in cui le migliori menti scientifiche al mondo si radunarono per discutere dell’avvento della teoria quantistica. Talmente appassionata alla sfera scientifica da non voler dedicare nemmeno un attimo per posare durante la foto di rito, completamente persa nella conversazione con Poincaré.
Se grazie alla sua grinta è stata capace di farsi spazio in un mondo maschilista e primeggiare tra le donne, è anche in virtù della sua grande passione e dedizione al lavoro che nel 1911 conquista il premio Nobel per la Chimica, divenendo la prima e unica persona nella storia in grado di ricevere l’ambito riconoscimento in due settori scientifici differenti. Ma cosa ha catturato così tanto l’attenzione di Marie durante la sua vita? A cosa ha lavorato e quali sono stati i suoi contributi, tali da ricevere così tanti riconoscimenti?
Il Nobel per la Chimica
Partiamo dal Nobel del 1911, conferitoLe per la scoperta di due nuovi elementi, il Radio e il Polonio.
Cosa sono gli elementi?
È ormai ben noto da circa un secolo nel mondo scientifico che la sostanza è composta da tanti minuscoli mattoncini, detti atomi, i quali a loro volta possiedono struttura interna. Consistono essenzialmente di un nucleo, un aggregato di protoni e neutroni, e di elettroni che ruotano intorno ad esso. Protoni, neutroni ed elettroni sono, da questo punto di vista, le particelle essenziali per la formazione dei corpi. Il protone e il neutrone hanno massa molto simile e si differenziano per la carica elettrica, rispettivamente positiva e neutra. Invece l’elettrone è diecimila volte più leggero e ha carica negativa, esattamente opposta a quella del protone.
Una volta chiaro cosa sia un atomo e le caratteristiche di ciò che lo compone, quanti tipi di atomi esistono? Siamo in grado di farne una lista?
Per prima cosa, per far sì che l’atomo possa essere considerato da solo e non interagisca elettricamente con altro, è necessario che sia globalmente neutro, nonché che il numero di elettroni sia uguale al numero di protoni. Inoltre il numero di elettroni (o protoni) è determinante nel decretare le proprietà degli atomi. Pertanto si definisce elemento chimico un atomo caratterizzato da un certo numero di protoni (detto numero atomico), ad esempio l’idrogeno possiede un protone, l’elio due, ecc..
Gli elementi chimici trovati finora sulla terra o prodotti artificialmente dall’uomo sono tabulati nella tavola periodica degli elementi. Atomi dello stesso elemento differiscono solo per il numero di neutroni e si dicono isotopi. Essendo l’elettrone estremamente leggero, sarà principalmente il numero di protoni e neutroni a caratterizzare il peso dell’atomo. Per questo motivo si definisce numero di massa la somma del numero di protoni e neutroni.
La scoperta di Curie
Durante i suoi studi sulla radioattività si trovò, con suo marito Pierre, ad analizzare la Pechblenda, un minerale i cui studi chimici indicavano essere principalmente composto dall’uranio (elemento chimico dal numero atomico 92). I coniugi si resero conto che tale materiale si mostrava estremamente più radioattivo dell’uranio e che quindi dovesse essere composto da altro. Nel 1898 Marie riesce a isolare dalla Pechblenda una polvere nera avente radioattività centinaia di volte superiore a quella di un’analoga quantità di uranio.
Avevano scoperto un nuovo elemento, che chiamarono Polonio (NA=84), in onore della terra natale di Marie. Sempre in quell’anno e sempre attraverso studi di radioattività Marie riuscì a isolare un altro elemento, che fu chiamato Radio (NA=88). Dal latino radium che significa raggio, fu così chiamato per la sua alta radioattività, nonché la capacità di emettere raggi ad alta energia.
Il Nobel per la Fisica
Le note ufficiali riportano: “In riconoscimento dei servizi straordinari che Marie e Pierre Curie hanno reso nella loro ricerca sui fenomeni radioattivi scoperti da Henri Becquerel”. Quest’ultimo si era reso conto che l’uranio era in grado di emanare raggi invisibili ad alta energia. Questi raggi vengono detti oggi radiazioni ionizzanti. Seppur non visibili direttamente, lo sono per gli effetti che provocano sulla materia che investono, la sua ionizzazione. Sono cioè talmente energetici da essere in grado strappare elettroni agli atomi che costituiscono il corpo attraversato, risultando quest’ultimo infine carico positivamente.
Perché certi atomi sono radioattivi?
La risposta risiede nella stabilità del nucleo. Come detto il nucleo è composto da un aggregato di protoni e neutroni, detti più in generale nucleoni. Riflettendoci un attimo i protoni, avendo stessa carica, si respingono elettricamente e tendono ad allontanarsi l’uno dall’altro. Dobbiamo dedurre che tra i costituenti il nucleo agisca una forza più intensa di quella elettrica, che per questo viene detta forza forte, capace di tenerli assieme a formare il nucleo. Tuttavia può capitare si formi un nucleo instabile, cioè nel quale la forza forte non è sufficientemente intensa da riuscire a trattenere attaccati tra loro i nucleoni per molto tempo.
Così dopo un certo intervallo temporale, detto tempo di vita medio del nucleo, essi si portano a una configurazione più stabile. Per capirci meglio facciamo un’analogia con la vita reale. Se una mattina dovessi svegliarmi con i capelli verdi, personalmente correrei subito a decolorarli, riportandomi alla mia configurazione stabile di capelli biondo-cenere che preferisco. Se invece dovessi ritrovarmi con i capelli rossi, per gusti personali sarei indeciso se lasciarli così o meno, dando a loro una vita più lunga, seppur ancora preferisca il mio colorito naturale. Allo stesso modo il nucleo può trovarsi in una conformazione instabile, e in base a quanto più preferisce quella più stabile, vivere più o meno tempo.
La terra si è formata circa 5 miliardi di anni fa, fatta di materiali di vario tipo. Buona parte di essi erano caratterizzati da bassa vita media e si sono completamente disintegrati con il passare del tempo. Tuttavia all’origine erano presenti atomi, quale l’Uranio e il Torio, con vita media comparabile con l’età della terra e quindi ancora oggi osservabile. Non solo, siamo anche in grado di osservarne il decadimento, ovvero la disintegrazione e trasformazione del nucleo nella configurazione più stabile.
Questi elementi radioattivi sono presenti dunque nella materia intorno a noi, specialmente nelle rocce e minerali che sono condensati con la terra alla sua formazione. A contribuire alla radioattività ambientale odierna ci sono anche elementi che non hanno a che fare con l’origine della terra e caratterizzati da piccola vita media. Essi sono prodotti continuamente quando i raggi cosmici colpiscono gli atomi dell’alta atmosfera terrestre.
Perché durante il decadimento viene prodotta radiazione ionizzante?
Al momento della disintegrazione del nucleo, insieme al nuovo nucleo nella configurazione più stabile, vengono prodotte particelle di diverso tipo ad alta velocità. In particolare i tre decadimenti più importanti sono detti alfa, beta e gamma, che prendono il nome dal tipo di raggi prodotti. I raggi α sono fasci composti da nuclei di elio (aggregato di due protoni e due neutroni), le radiazioni β da elettroni (o positroni), i fasci γ da fotoni (luce, radiazione elettromagnetica).
Ma perché vengono prodotti e come mai ad alta energia? La spiegazione è una semplice applicazione della legge di equivalenza massa-energia scoperta da A. Einstein all’interno della relatività ristretta. Il concetto è chiaro: la massa va intesa come una forma di energia. Come ampiamente spiegato, il decadimento consiste nel nucleo instabile che si svincola di nucleoni in eccesso a favore di una maggiore stabilità. Il nucleo risultante sarà dunque più leggero e a questa perdita di massa dovrà corrispondere una liberazione di energia, attraverso particelle ad alta velocità. Con il medesimo principio funzionano le bombe atomiche, che così si dicono proprio perché sfruttando la disintegrazione a catena degli atomi che compongono la bomba, producendo grandissima energia sotto forma di varie tipologie di particelle lanciate ad altissima velocità.
I danni dell’esposizione alle radiazioni
Sin dai primi anni di ricerca insieme, Marie e Pierre riscontrarono i primi problemi di salute dovuti all’esposizione continua alla radiazione ionizzante, la cui pericolosità non era nota all’epoca. Iniziarono a sentire fatica, dolori alle ossa e a presentare ustioni alle mani, che usavano per maneggiare materiale radioattivo senza protezioni. Marie muore nel 1934, colpita da una grave forma di anemia aplastica, malattia molto probabilmente causata dalla grande quantità di radiazione assorbita durante le sue ricerche.
Il suo feretro e quello di Pierre sono stati deposti in una bara foderata di lamine di piombo spesse due centimetri e mezzo. Allo stesso modo i suoi appunti di laboratorio e addirittura il suo libro di ricette culinarie sono classificati come oggetti altamente radioattivi. Per questo sono ancora oggi conservati in scatole piombate e per consultarli è necessario indossare abiti di protezione.
Perché la radiazione è nociva per l’organismo umano?
Come già spiegato, la radiazione ionizzante è così chiamata in quanto è capace di ionizzare gli atomi strappandone elettroni ed essendo ad elevata energia è anche in grado di spezzare i legami tra le molecole. Questo altera il naturale equilibrio elettronico provocando modifiche alle sostanze che compongono le cellule dell’organismo umano. Quest’ultimo è sì in grado di riequilibrare i danni provocati da radiazione di bassa intensità, ma l’assorbimento di grandi quantità causa alterazioni gravi e irreversibili.
Può l’uomo usare la radiazione prodotta dalla radioattività a proprio vantaggio? Esiste qualcosa di radio-positivo?
Riprendiamo la citazione di Curie: “Niente nella vita va temuto, dev’essere soltanto compreso. Ora è tempo di comprendere di più, così possiamo temere di meno”
Lei non ha temuto, durante le sue ricerche, le conseguenze del prolungato assorbimento di radiazione, nonostante fossero manifeste sui suoi polpastrelli. Lei sapeva che in quel momento stava comprendendo qualcosa di importante, che grazie a lei oggi non temiamo più, anzi usiamo a nostro vantaggio in ambito medico. Il sacrificio di Marie salva vite ogni giorno. Infatti le radiazioni ionizzanti vengono impiegate con la radioterapia per uccidere cellule tumorali e curare tumori. Invece con le radiografie si sfrutta la proprietà della radiazione di penetrare i tessuti al fine di ottenere immagini dettagliate dell’interno del nostro organismo.
Marie per la comunità
Durante la prima guerra mondiale Marie lavorò allo sviluppo di un’unità mobile per soccorrere i soldati feriti al fronte. Lei stessa partì ed effettuò innumerevoli radiografie per individuare le cause delle ferite dei soldati. A testimoniare il suo completo appoggio alla comunità, in particolare quella scientifica, la decisione di non registrare la patente del processo di isolamento del radio. Era interessata solo allo sviluppo della scienza e non ai riconoscimenti personali, per questo lasciò che la comunità scientifica potesse contribuire alla sua ricerca. Voleva solo essere di aiuto, in guerra come nella scienza.
Il minimo che la comunità potesse fare per minimamente ricambiare quanto Marie ha fatto nel corso della sua vita per l’essere umano era mantenerla intatta nella nostra memoria. Così negli anni novanta sono state emesse una moneta francese e una banconota polacca che la raffigurano e al suo nome sono stati dedicati un asteroide, due minerali e l’unità di misura della radioattività. Ed è giusto così, perché probabilmente l’unico aggettivo adeguato per descriverla è proprio quello lì, radioattiva. Grazie, grazie, infinite volte grazie Marie.
a cura di Giuseppe Mansi