Orecchie tappate in aereo: vi svelo perché accade (e come risolvere definitivamente)
Barotrauma: cosa succede quando sentiamo le orecchie tappate
Il barotrauma è un danno all’orecchio che può avere come sintomi:
- Orecchie tappate (con conseguente riduzione dell’udito)
- Dolore auricolare
- Capogiri
La principale causa di barotrauma la si può attribuire alle rapide variazioni di pressione dell’aria esterna: salendo (o scendendo) molto di quota rapidamente, la pressione dell’aria esterna risulta minore (o maggiore, rispettivamente) rispetto alla pressione dell’aria interna all’ orecchio. Ciò può causare un leggero avvallamento del timpano, con l’effetto che siamo abituati a riconoscere come una sorta di “tappo” alle orecchie.
Barotrauma: rimedi e prevenzione
In genere, per sintomatologie che non superano le 2-3 ore, non è necessario visitare uno specialista. In caso di ripetute esposizioni al fenomeno degli sbalzi di pressione, dati ad esempio da ripetuti viaggi in aereo per lavoro, è possibile prevenire il barotrauma con decongestionanti orali prima del decollo o nebulizzatori orali prima dell’atterraggio.
Per quanto riguarda le situazioni occasionali, invece, il rimedio è molto più semplice e consiste nell’eseguire una o più di queste comuni azioni:
- Deglutire
- Masticare una gomma
- Sbadigliare
Ma vediamo cosa succede nel nostro corpo quando ad esempio deglutiamo: come mai si stappano le orecchie?
Deglutire: come fanno a stapparsi le orecchie?
La Tromba di Eustachio è un condotto, simile ad un tubicino, che collega l’orecchio medio alla faringe. La sua principale funzione è quella di contribuire al mantenimento di una pressione aerea uguale su entrambi i lati del timpano. Quando si deglutisce (o si mastica) la Tromba di Eustachio si apre e letteralmente entra od esce aria dall’orecchio medio, che passa dalla faringe: si parla quindi di aria esterna con un valore di pressione uguale a quello che incide sulla parte esterna del timpano, che quindi equilibra la pressione dai due lati di quest’ultimo.
Si è parlato tanto di pressione finora, ma ancora non è stata data nemmeno una definizione. Cerchiamo di scavare un po’ più in profondità nella questione e facciamo una panoramica generale sulla pressione nella vita di tutti i giorni.
Pressione: cos’è e quando ci abbiamo a che fare
La pressione, in fisica, identifica una forza che agisce su una superficie, rispetto all’unità di superficie sulla quale è esercitata.
Forza e pressione sono due concetti molto vicini, cerchiamo di fare chiarezza su entrambi.
Una forza può essere visualizzata immaginando una pallina da tennis scagliata da un tennista contro un grande muro di plastilina che si deforma agli urti: dopo l’impatto della pallina contro il muro, che ricordiamo essere fatto di plastilina, sarà visibile un piccolo solco in esso, che da lontano sarà visibile come un puntino.
Ora invece immaginiamo che, invece di un tennista, ce ne siano mille, e che tutti insieme scaglino una pallina a testa verso il muro di plastilina: l’effetto, dopo i mille impatti, visto da lontano apparirà come un grande solco nel muro, una concavità molto grande, come una sorta di cratere. Avvicinandosi al muro, invece, si riusciranno a vedere i piccoli solchi impressi dalle singole palline. In questo caso, contrariamente a quanto si poteva dire con un solo tennista in campo, non riusciremmo mai a dire con certezza quale pallina è stata responsabile di un solco nel muro piuttosto che di un altro.
La differenza tra forza e pressione sta in questo: una forza agisce su un preciso punto di applicazione; la pressione, invece, è la somma di tante piccole forze applicate non in uno stesso punto ma su una porzione di spazio più larga. Questa “porzione di spazio più larga” altro non è che una superficie.
Immaginando allora un palloncino e considerandone le miliardi di molecole d’aria che lo riempiono, ha più senso parlare di forza o di pressione esercitata dalle molecole d’aria sulle pareti interne del palloncino? Ovviamente in questo caso acquisisce più significato il concetto di pressione, dato che:
- Non c’è solo un oggetto che esercita una forza sulle pareti, ma miliardi
- La forza esercitata da ogni singola molecola è molto minore rispetto all’effetto complessivo
- Non è possibile dire che una specifica molecola è andata ad urtare in uno specifico punto del palloncino in uno specifico istante: il moto delle molecole interno è caotico e si osserva solo, come effetto macroscopico, che il palloncino è gonfio
Insomma, la pressione è una stima della somma dei tanti piccoli contributi di forza (effetto microscopico, che non possiamo misurare precisamente) esercitati dalle singole molecole e rappresenta l’effetto macroscopico che siamo abituati ad osservare. Quando siamo in grado di misurare ogni singola forza, si parla di principio di sovrapposizione delle forze, quando non ne siamo in grado parliamo di pressione che agisce su una superficie.
Risulta chiaro, quindi, come il concetto di pressione si adatti benissimo a tutti i fluidi (liquidi e gas, che sono fatti da miliardi di particelle libere di muoversi). Non fa strano, infatti, sentir parlare di pressione sanguigna, pressione degli pneumatici, pressione atmosferica: tutti fluidi che esercitano una certa forza su una larga superficie, che siano le pareti interne delle arterie, le pareti interne di uno pneumatico o la superficie terrestre.
Vediamo nello specifico il caso della pressione atmosferica per arrivare a capire come salvare la nostra casa da un uragano.
Pressione atmosferica: cos’è e come possiamo sfruttarla
L’atmosfera è una massa d’aria che circonda la terra. È composta da circa il:
- 78% di azoto
- 21% di ossigeno
- 1% di gas vari: Argon, CO2, Neon, Elio e altri
i quali sono tutti elementi o composti chimici con una certa massa.
Avendo una massa, queste particelle sono soggette alla forza di gravità esercitata dalla terra e per questo motivo si stratificano fino a dare vita a tutta l’atmosfera, come se sulla nostra testa ci fosse una colonna d’aria altissima e pesante quanto la somma di tutte quelle particelle.
Più ci si allontana dalla superficie terrestre e meno aria c’è nella colonna d’aria sulla nostra testa: questo è il motivo per il quale l’aria di montagna (a migliaia di metri di distanza dal livello del mare) è più rarefatta dell’aria a livello del mare.
Se poi consideriamo che più particelle d’aria ci sono in un certo spazio e maggiore è la probabilità che esse muovendosi ci urtino (concetto di pressione) è chiara la seguente affermazione: a livello del mare la pressione atmosferica ha un certo valore (1,01 x 105 Pa) e più aumenta la quota, più diminuisce la pressione atmosferica.
È adesso chiaro come mai, quando prendiamo l’aereo, diminuisce la pressione atmosferica e ci si tappano le orecchie.
Uragani e forti raffiche di vento: cosa non fare assolutamente
Sono comuni i video in cui ci sono forti raffiche di vento e tetti di case ormai scoperchiate che seguono il flusso dell’aria. La prima cosa che chiunque istintivamente farebbe, se si trovasse in casa durante un uragano, sarebbe chiudere tutte le finestre. Nulla di più sbagliato, soprattutto se non viviamo in un appartamento in un palazzo ma viviamo in una “villetta” familiare.
Con forti raffiche di vento esterne, la pressione esercitata dall’aria sulla casa diminuisce per la legge di Bernoulli e, se chiudiamo tutte le finestre, chiudiamo dentro casa l’aria ad una pressione uguale a quella atmosferica prima dell’uragano (quindi ad un valore di pressione più alto). Così facendo, l’alta pressione dentro casa favorirà lo scoperchiamento della stessa, con conseguenze disastrose. È invece consigliabile, soprattutto per chi abita in case a gestione familiare, di spalancare le finestre, in modo da permettere all’aria di esercitare la stessa pressione sia fuori che dentro l’abitazione. Naturalmente il vento, entrando in casa a grandi velocità, è in grado di far danni: sicuramente però è meglio ritrovarsi con una casa in disordine che senza tetto.
Sapevate che…
Gli uragani sono chiamati spesso con nomi femminili perché, secondo la tradizione marinara, le donne portavano sfortuna a bordo delle imbarcazioni e, quindi, avrebbero portato sfortuna anche sulle acque degli oceani, sotto forma di vento
a cura di Nicola Salvemini